Leggo Lettera aperta e osservo mascherata da un oblò d’aereo le montagne dall’alto, le casette accorpate e le distese di blu fluido che fanno del nostro mondo dall’alto un pianeta blu. Il vetro è piccolo, non è così grande come la finestra della pandemia. Ma la visione è dall’alto, è una vista in movimento. Ben lontana da quella statica che nei mesi scorsi ci ha rinchiuso durante i lockdown.
Con l’inizio della pandemia e dell’isolamento, c’è stata una prima reazione di allarme, preoccupazione.
Poi la crisi è andata avanti, e avanti, un vero e proprio sconvolgimento: abbiamo dovuto cambiare completamente lo stile di vita, abitudini, modi di essere nel sociale, rinchiusi nelle nostre case.
Da una Milano ammutolita, dove le sirene delle ambulanze ci pervadevano le case, piccole, grandi, monolocali, giardini per i più fortunati, finestre, finestrelle, balconi da cui si è cantato l’inno e tante altre canzoni che avrete sentito dai media.
Lettera aperta è il primo straordinario romanzo di Goliarda Sapienza, donna visionaria, attrice, poetessa, scrittrice. È il riordino di sé per continuare la propria vita solo nella scrittura e con la scrittura, è la storia della sua infanzia e della sua adolescenza a Catania narrate non seguendo un filo cronologico ma un ordine legato agli eventi e alle comparizioni.
Goliarda Sapienza è matura quando lo scrive, da poco ha passato i quaranta anni, ma di una maturità che data la sua educazione, la sua vita, le sue scelte, la pone di molto avanti negli anni rispetto alla società che la circonda.
La sua scrittura riflette la scelta matura di non stare in un canone, non scrivere un genere prestabilito, non usare una lingua prefabbricata. Lo sottolinea anche Monica Farnetti nella sua lucida e precisa introduzione: “[…] questo libro che attenta all’istituzione del romanzo, che viene meno all’idea consacrata di autobiografia e sovverte quanto basta l’antica tradizione del racconto di formazione, lascia intuire, infatti, una decisa volontà di ripensare da capo e di esplorare a fondo le risorse della scrittura, e costituisce per la sua autrice un debutto rischioso […]”.
Narra come se il passato stesse accadendo nel presente, una presa diretta che talvolta sembra un viaggio ipnotico verso altri colori e altre persone che compaiono all’improvviso da porte socchiuse, da sopra le scale, dalla strada e spostano la narrazione dei fatti. Un lento e solenne comparire di donne del passato, donne che ancora abitano i sogni di Goliarda la quale vuole dare loro un definitivo luogo di riposo: la carta. Lettera aperta è la storia di una donna che finalmente si siede ad aspettare che le persone del passato tornino a lei per raccontarle, per narrare “la felicità [che] ha storia. La felicità è l’unica cosa che andrebbe descritta, insegnata”. La sua felicità è la scrittura, ed è questo che descrive.
La lettura mi accompagna da sempre nelle costrizioni. E lo ha fatto anche nella costrizione pandemica. La tragicità del Covid-19 può essere anche un’opportunità, quella di riscoprire le nostre risorse più reali, vitali e profondamente bio-fisiologiche. La forza tranquilla, la profonda consistenza, la capacità di affrontare la pienezza della vita, la calma, la solidarietà. Il riscoprirsi come appartenenti ad una grande Comunità. La pandemia come possibilità di rigenerazione umana.
Scrive Goliarda Sapienza “[…] Sono stata felice molti giorni della mia vita. Ma perché trascuro di raccontarvelo, perché metto l’accento sulle pene che mi sono capitate? Ma come dirvi le ore di abbandono felice che ho avuto con mio padre in giro per vicoli, come dirvi il sapore delle patate calde che la donna tirava fuori da sotto la coperta, con cautela, il sapore delle crespelle a mezzanotte dopo il cinema? – il sapore aspro dell’orgoglio di inghiottire le cozze crude col limone come un vecchio marinaio, o mangiare all’osteria vicina a lui, circondata da marinai veri, solo uova sode ed olive nere? […]”.
Le mie sono solo parole aperte, spinte dal desiderio di una rigenerazione umana post-pandemia.
Un invito ad una riflessione condivisa e Comunitaria a ritrovare quel sapore di cozze crude e patate calde, con uno sguardo che prova ad andare oltre agli oblò e alle finestre Covid-iane.
Sara Palermo, Psicologa-Psicoterapeuta Funzionale
#RigenerazioneUmana #FormicheBianche